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L'Acquedotto Vergine
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- Pubblicato: Giovedì, 16 Giugno 2011 10:02
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Riportiamo il bell'articolo pubblicato sulle pagine di ACEA, riguardante l'acqueotto Vergine, che come saprete attraversa il nostro quartiere :
L’acquedotto dell’Acqua Vergine fu voluto da Agrippa, genero dell’imperatore Augusto, che lo inaugurò il 9 giugno del 19 a. C. per alimentare la nuova zona di Campo Marzio e soprattutto per rifornire le omonime terme. Unico acquedotto romano ad essere ancora funzionante dopo venti secoli, anche se solo per alimentare quasi tutte le più imponenti e grandiose fontane della zona del centro (Piazza Navona, Barcaccia, Terrina, ecc..) e, prima fra tutte della Fontana di Trevi.
In ordine temporale , l’acqua Virgo è il sesto acquedotto dopo l’Appio, l’Anio Vetus, il Marcio, l’Acqua Tepula e la Iulia ed aveva origine a poca distanza dal corso dell’Aniene da alcune sorgenti che si trovavano nell’Agro Lucullano, presso la Via Collatina, nelle vicinanze dell’odierna località di Salone. Il sistema raccoglieva in un bacino artificiale di captazione, chiuso da una lunga diga di calcestruzzo esistente fino al secolo scorso ed ora interrata, diverse polle e vene acquifere variamente imbrigliate, mentre altri bacini imbriferi venivano poi collettati lungo il percorso aumentandone la portata fino a 2.504 quinarie, pari a 1.202 litri al secondo.
Secondo Frontino, un console romano divenuto Curator Acquarum, cioè Sovrintendente agli acquedotti di Roma nel 97 d. C. sotto il regno dell’imperatore Nerva, di questa portata circa 100 l/s (litri/secondo) venivano erogati nella parte settentrionale e suburbana della città, fino ad allora priva di approvvigionamento idrico, mentre i 1.100 l/s che giungevano in città erano convogliati in 18 castella (gli appezzamenti coltivati che si affacciavano su un corso d'acqua comune) secondari, che li distribuivano in modo che circa 700 l/s andassero ad alimentare opere pubbliche, 250 l/s arrivassero alla casa imperiale e i restanti 150 l/s fossero destinati ad utenti privati.
L’acquedotto era lungo circa 20 chilometri, e quasi completamente sotterraneo, salvo circa due chilometri che correvano su “sostruzioni” o su “arcuazioni” continue nell’ultimo tratto di Campo Marzio. Da Salone, dopo un percorso sotterraneo di circa cinque chilometri, l’acquedotto arriva al fosso della Marranella ma – come spesso accadeva agli acquedotti romani – anziché proseguire sotto i colli della città seguendo la via più breve, voltava bruscamente verso nord, seguiva la Via Collatina fino alla località di Portonaccio, dove raggiungeva la Via Tiburtina e l’Aniene, che attraversava nella zona di Pietralata. Quindi si muoveva lungo le dorsali della Nomentana e della Salaria da dove, piegando verso sud, attraversava le zone di Villa Ada, dei Parioli ( proprio sotto il Ninfeo di Villa Giulia) e di Villa Borghese, per entrare infine in città in prossimità del Muro Torto e di Piazza di Spagna. L’ultimo tratto, come detto, si sviluppava su arcuazioni fino al Pantheon, dove si trovavano le Terme di Agrippa.
L’utilizzo dell’acquedotto per due millenni ha comportato numerosi interventi di manutenzione, di restauro e di parziale rifacimento. Nell’antichità i principali si ebbero al tempo di Tiberio nel 37 d.C. e soprattutto di Claudio (45-46 d.C.): essi comportarono il rifacimento delle arcuazioni nell’area urbana in blocchi di travertino, caratteristici dell’epoca. Restauri si ebbero anche al tempo di Costantino, mentre al tempo di Teodorico veniva ancora decantata la purezza dell’acqua. Nel Medioevo furono fatti eseguire lavori da papa Adriano I, nella seconda metà dell’VIII secolo, dal Comune cittadino nel XII secolo e, nell’età moderna, dai papi Nicolò V, Sisto IV, Pio IV e Pio V, Benedetto XIV e Pio VI.